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lunedì 20 giugno 2016

Monti, tra democrazia e demos-copia

Ci si può imbottire di massicce dosi di Valium e di Tavor per tentare, soporiferamente, di parare i prevedibili colpi dell’isteria e del raptus incalzante, tuttavia, per porsi nei confronti delle sparate di Mario Monti servirebbe in seconda battuta un appuntamento mistico da un buon frate confessore.
Anche stavolta, il “rettorico” ex Premier, osservando con la classica arguzia che contraddistingue l’empirismo del bocconiano disincantato, spara a zero contro la nuova piaga d’Egitto, la ferale Brexit: “non sono d’accordo con chi dice che questo referendum è una splendida forma di espressione democratica”.

E aggiunge col candore tonificato di chi sembra non possedere nemmeno la gravità del proprio intercalare: “sono contento che la nostra Costituzione, quella vigente e quella che forse verrà, non prevede la consultazione popolare per la ratifica dei Trattati internazionali”. Apriti cielo!
Il Professor Monti, benché inconsapevolmente, riesce nel difficoltoso tentativo di storpiare due sedicenti verità in un colpo solo.
La prima rivelazione della “forma montis” sarebbe persino un peccato veniale, se non provenisse proprio da un ex Premier della Repubblica: senza scomodare il primissimo critico della democrazia, il contemporaneo di Pericle che scrisse anonimamente l’Athenaion politeia dovunque sulla faccia della terra i migliori sono nemici della democrazia”, anche Monti forse trova che le decisioni importanti, che contano quantitativamente, debbano essere prese dalla solita cricca oligarchica degli ottimati delle nuove "camere grigie", perché solo quel grumo di potere, da buon pater familias, sa cos'è meglio per l’eternamente minorenne popolo bovino.


La seconda indicazione a cui allude Monti è invece assolutamente politically correct, dato che anche i suoi colleghi, il nuovo Ministro del Mise Calenda e il Presidente del Consiglio europeo Tusk, sembrano sostenere la medesima riflessione del verticale bocconiano.
Apprendiamo così, scevri da stupore, che la democrazia non è più quel concetto nobile che, da Locke a Mill, è stato in grado di sostanziare e legittimare il potere politico. 
Per costoro l'autentica democrazia sembra esser invece, cartesianamente, solo una macchina efficiente, che deve ben funzionare a prescindere dalle barocche decisioni e dalle bizantine liturgie del popolo sovrano. Alias: la democrazia è buona solo se dà profitto! 

“Cosa succederebbe se altri Stati decidessero di intraprendere un cammino simile a quello britannico?”, si chiede poi, robotica, l'angoscia del Professor Monti.
E qui però l'occhio illanguidisce, le mascelle si ritirano, retrocedono, quasi a voler mostrare coi denti anche quel brandello di tensione che progressivamente si fa largo nelle certezze frettolosamente acquisite. Le rughe s'increspano e nasce l'ipotesi che la creazione di scomodi precedenti sia solo l'ennesima partita a Risiko volta a non disturbare troppo il manovratore che fornica col potere.
E' la scoperta dell'acqua calda. In fondo, non è forse verosimile che la primaria occupazione di chi è ben immanicato è proprio la conservazione di quello status quo acquisito? Nella fattispecie, dell'Eurocrazia lobbistica, delle nomenklature e dei potentati finanziari? 
E’ dunque preferibile lasciar decidere in autonomia, meglio se opportunamente appartati nelle paludanti stanze dei bottoni, le competenti élites che hanno, sole, la capacità e la lungimiranza per prendere decisioni uni-versali (meglio ancora sarebbe se quel macchinista potesse anche indorare la pillola o predisporre un piano Marshall per la fornitura di vaselina a prezzi popolari…).

Lasciare intendere, a ragione o a torto, che il popolo è incapace di gestirsi in quanto popolo, significa sostenere, implicitamente, che la democrazia, in tutte le sue possibili declinazioni, non funziona più. 
Non c’è male per un ex onorevole della Repubblica e per un Professore che non dovrebbe educare il citoyen-studente esclusivamente alle oggettive competenze tecniche (a dirla tutta, il Professore è in buona compagnia, dato che già il “candido” Voltaire rivelò l’applicazione del principio democratico secondo i “padri” illuministi: “il popolo dev’essere guidato e non istruito”).
Nemmeno un rappresentante della chambre introuvable, un Burke o un verace membro dell’aristocrazia di spada, avrebbero mai osato tanto. Ciò che nell’ancien régime era evidente, ma pudicamente taciuto per non urtare la “sensibilità” del “terzo stato”, diventa possibile in democrazia. 
Un bel passo avanti! 

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