“Fare
denaro, ma avere il rispetto dei propri simili”, diceva Tucidide. Un concetto semplice, banale,
persino di buon senso, dato che si consuma per produrre e non viceversa, come
invece crede qualche bocconiano in fregola. Una stringa di pensiero che però ai
piani alti, quelli che si sentono liturgicamente investiti da una mission celestiale, dagli illuminati della Troika sino ai “surplussari” teutonici,
passando per i filantropi imprenditori che “ce danno da magnà”, sembra
essere rimasta, pesante, sullo stomaco.
E proprio la patria dello
storico-militare ateniese, vessata dall’antibiotica cura dell’austerity risolutrice,
manifesta l’assoluto scollamento tra la
beltà economica degli astratti numeri e la realtà quotidiana, quella che
solo un uomo in carne ed ossa può guardare negli occhi senza scomodare
l’oracolo di Delfi finanziario. L’aumento
delle forme flessibili di lavoro, causate anche dall’esplosione della disoccupazione e dal progressivo sgretolarsi
del sistema produttivo, hanno definitivamente depauperato il reddito lavorativo
della rinsavita Grecia.
La sgangherata situazione ellenica è
stata fotografata da un documento redatto da un comitato di esperti del
Ministero del Lavoro. E così, come chirurghi sociali dalla coscienza oggettivata,
questi amanuensi del dato evidenziano ciò che una semplice passeggiata per
qualche desertificata periferia ateniese avrebbe potuto rivelare: le differenze sociali si dilatano mentre nasce una nuova classe di poveri salariati che
guadagnano stipendi inferiori al sussidio di disoccupazione di 360 euro. Nella
fattispecie: 126.956 dipendenti hanno un salario lordo mensile di 100 euro,
mentre 343.760 laboratores più
fortunati possono invece contare su un
reddito lordo mensile tra i 100 e i 400 euro. Sarà anche la funesta oratoria del “meglio poco di niente”, che
ammanta anche le riforme giuslavoriste di Francia e Italia, la stessa retorica
passiva che ha permesso al lavoratore di gustare palate di fango pur di garantirsi
un pellagroso status quo
acquisito, ma intanto sarà proprio la “Riforma
del lavoro” la nuova patata bollente sul tavolo della negoziazione tra il Governo greco e i distratti creditori: tra le varie richieste pare che i creditori vogliano addirittura abbassare
il salario minimo, togliere tredicesime e quattordicesime ed eliminare gli
scatti di anzianità.
E tornano pericolosamente alla
memoria le vaticinanti parole pronunciate dal “salvatore della patria” Monti qualche tempo fa: “oggi
stiamo assistendo al grande successo dell'euro e la manifestazione più concreta
di questo successo è la Grecia, costretta a dare peso alla cultura della
stabilità con cui sta trasformando se stessa". Perché in fondo: “il Partenone va venduto per far fede agli impegni
creditizi, la miglior stabilità è l’eterna pace dei sensi, e il greco medio è un
fannullone incallito”, dice ampolloso il poco meno povero italico sotto
l’ombrellone di qualche economica spiaggia dell’Egeo sentendosi Briatore…
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