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martedì 5 gennaio 2016

La democrazia dei cittadini social: écrasez l’infâme

ciò che è comune ha sempre avuto poco valore.
F. W. Nietzsche

Non se ne può davvero più! “I politici hanno rovinato l’Italia e anche la mia storia coniugale”, “sono strapagati, viziati e privilegiati, collusi e corrotti”, grumi ed incrostazioni che si sono aggrappate sempre più al potere creando consorterie difficilmente estirpabili (eppure, fino a qualche tempo fa, quello stesso cittadino incollerito che oggi vomita bile, non senza ragioni peraltro, sarebbe probabilmente stato in prima fila a stendere il tappeto rosso per gli onorevoli della DC o del PCI, quando, per ottenere consensi ed ingrassare nuove clientele, facevano qualche scampagnata fuori palazzo. Chissà se l’odierna malpolitica risulterebbe digeribile dalla contemporanea plebs frumentaria se questa ottenesse, come spesso accadeva all’epoca, qualcosa in cambio… dal panem et circenses di Giovenale all’i-pad e circo-nvenzione del Governo trendy… il passo è breve).

Insomma, sui social si trovano insulti per ogni palato, eppure si ha la crescente sensazione che il problema del “politico a cui non importa nulla della res pubblica ma è solo in cerca di un vitalizio”, non sia esclusivamente del malgoverno e della politica in generale.
Ogni politica, per quanto possano abbassarsi i livelli democratici, deve infatti rendere conto ai cittadini chiedendo loro il consenso. Ma oggi l'impegno politico, che dovrebbe rispondere ad un disinteressato spirito di servizio, sembra essere invece mosso soprattutto da un desiderio egoistico, ma per risultare servizievole, a buon mercato, vendibile e per il "bene" di quegli stessi biliosi cittadini.
La politica democratica contemporanea diventata così solo un posticcio esercizio di marketing, di pubblicità, di sondaggi più o meno compiacenti, di lacchè e di galoppini, dalla carta stampata ai media di regime. C’è da chiedersi allora, dacché questa politica si è trasvalutata in espressione mercantile che manifesta soprattutto un’offerta proporzionale alle richieste di una domanda sempre meno esigente, da dove arrivino le genialate delle ruspe salviniane o le incontinenti urgenze sulle riforme “sempre e comunque” urlate dai “riformisti leopoldeschi” di ogni colore (sulla volubilità e la pochezza delle masse democratiche vale ancora oggi l’accusa mossa da un anonimo ateniese ai tempi di Pericle: “dovunque sulla terra i migliori sono nemici della democrazia).

Forse che alcune proposte non provengano esclusivamente dai mâitre à pénser di qualche “bottega” di partito? Forse che quei partiti stanno solo intercettando un costume, una morale, un’opinione, un bisogno della società civile, per farlo fruttare trasformandolo esclusivamente in un tornaconto elettorale? D’altronde, in un mondo abitato da consumatori, anche l’elettore si adegua nobilitandosi a cliente!
Annunciare, ad esempio, l’accoglienza di qualsiasi migrante, non sarebbe una scelta scellerata per ragioni contingenti, sociali ed economiche, lo sarebbe invece perché risulterebbe incomprensibile agli occhi dell’opinione pubblica (la Kyenge è impresentabile non tanto perché ha detto palesemente delle fesserie, ma perché ogni volta che compare in video fa perdere voti al “vincente” PD).

popolo social
Spiace quindi per tutti gl’indignati dei social network e dei bar sport “di provincia”, ma se abbiamo politici impresentabili è anche perché la maggioranza dei cittadini crede sia meno impegnativo cazzeggiare sulle tastiere anziché far funzionare il buon senso per compiere davvero qualche scelta individuale. Se è vero quello che diceva Carmelo Bene, ovvero che “nelle aristocrazie il principe non si fa eleggere, è lui che elegge il suo popolo. In democrazia il popolo è bastonato su mandato del popolo. È la pratica certosina dell’autoinganno”, allora potremmo forse sospettare che il cittadino democratico sia in preda ad una sorta di sindrome di Stendhal. Sbraita, si contorce, protesta sottovoce (tanto per non indispettire il potente di successo), ma alla fine sa che ha sempre bisogno proprio del potere per continuare bellamente ad esercitare la compiacente morale degli schiavi (quella nietzscheana di cui Camus ebbe lucidamente a dire: "lo schiavo comincia col reclamare giustizia e finisce per volere la sovranità. Ha bisogno di dominare a sua volta").
 
A dimostrazione di questo, la dice lunga cosa sia diventata la scuola oggi - e non solo dopo “la buona scuola” del Governo Renzi e le sparate dell’”agrimensore” Poletti -. Essa non deve più formare cittadini critici e consapevoli, bensì, col beneplacito di quegli stessi “cittadini” autoretrocessisi volentieri al rango di strumenti di potere, deve creare professionalità, nuovi lavoratori disciplinati e proni ai desiderata del potere e del mercato del lavoro (si passa dal formativo Bildung al sapere che dev’essere necessariamente mercificato, prezzato e poi venduto!).

Ecco perché i cittadini, se hanno qualche ragione a prendersela coi politicastri di turno, hanno anche torto. Ma meglio proseguire nel divertissement pascaliano, continuando a frequentare la “democrazia” dei social per non pensarci troppo. In fondo è così che deve funzionare la belluina democrazia dei fancazzisti: “se siamo in tanti a condividere la stessa idea dev’essere in fondo giusta”. Abbasso i politici quindi, evviva i cittadini! Meglio se privi di qualsiasi principio etico e senso della cosa pubblica… 

1 commento:

http://www.ideabiografica.com ha detto...
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