Le
furiose Erinni, come nella miglior tradizione eschilea, si trasformano in
Eumenidi: “chi, sventurato, sei tu, che a
questa misera parli sí vere cose”?
Per
chi non appartiene alla categoria dei cronici disfattisti e dei gufi portasfiga,
che si rallegrano persino dei pessimi risultati ottenuti dal figlio a scuola, oggi
dovrebbe essere un giorno di festa.
La
fotografia dell’Istat mostra
che la disoccupazione cala al
11,5% e persino quella giovanile è ai minimi dal 2012 (salvo affermare poi, il
giorno seguente, che crescono i lavoratori a termine e sono in calo i
permanenti, rovinando così la festa appena organizzata).
Visto
così, nella sua lineare sciattaggine, il dato
dovrebbe richiamare il gusto zuccherino di una pralina che ci invita, nel
giubilo più sguaiato, a riversare orde di baccanti nelle strade per stappare una bottiglia di vino
buono. Ma sull’ambiguità del dato e dei datoglioni che ancora ci credono,
abbiamo detto qualcosa di vagamente definitivo qui e qui.
Stavolta,
invece, tra i tappeti di coriandoli e i tappi di sughero, poniamo una questione
che, pur sposandosi con le evidenze scientifiche, manifesta parimenti
l’assennato esercizio del semplice buon senso.
Cosa
succede se, paradossalmente, cala la
disoccupazione ma aumentano gli inattivi?
Elementare
Watson!
Partiamo
da una considerazione semplice: il dato sulla disoccupazione si calcola
dividendo le persone in cerca di occupazione per la forza lavoro.
Cosa
accadrà, quindi, se diminuisce la forza
lavoro?
Est modus in rebus:
se travaso i disoccupati negli inattivi, il risultato sulla disoccupazione
migliora all’aumentare degli inattivi!
E
cosa succederà poi, se l’Istat considera occupati anche coloro che lavorano
un’ora alla settimana? Che il jobs act diventa un
successone planetario (in realtà, neanche così riescono a fargli fare una bella
figura…).
Il
segreto del libro scritto in caratteri matematici? Imbrogliamo un po’, di tanto
in tanto; giochiamo coi numeri e col dominus
dell’epistemologia che oggettiva le cose per renderle infine scientifiche, ma
legalmente, visto che abbiamo cambiato a monte i parametri di valutazione (o li aggiustiamo fantasiosamente, vedi qui)
Cui prodest?
Forse
il "baro" è proprio il Governo, stabilito che si giova dei risultati ottenuti
manomettendo ex lege il dato
dell’inoccupazione? E chi è, poi, che nomina il Presidente dell’Ente pubblico
Istat?
“Chissenefrega!”
Latrano in coro il menefreghista de-pensierizzato e la beata ignoranza armata
del laboratores medioman.
D’altronde,
gl’inoccupati sono solo fannulloni
senza rappresentanze ai piani alti, parassiti e lavativi a carico della
comunità e dei lavoratori con le maniche rimboccate a festa.
In
fondo, è inutile nascondere la polvere sotto il tappeto, ché “mascherare” i dati alla
bisogna va bene un po’ a tutti: dal “buon governo” che vuole fare un figurone nei
sondaggi elettorali al cittadino-activia dall'intestino irritabile.
Nessun commento:
Posta un commento