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martedì 3 maggio 2016

La politica, serva dell'economia e del mercato

“I politici sono i camerieri dei banchieri. Così tuonava Pound nel 1921, e non aveva ancora visto Bretton Woods, la nascita del mercato globale, del WTO e della finanza virtuale a portata di click. Oggi, quell’affermazione dal tono profetico, è invece lampante, di dominio pubblico, se almeno il popolo bue e il cittadino inetto volesse ancora capire qualcosa di ciò che gli accade intorno.

Ad esempio, uno come Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte costituzionale, non certo un esagitato complottista che s’imbroda col signoraggio, può affermare candidamente che “la finanza comanda i governi”. Lo stesso Presidente della Bce, all’indomani delle elezioni politiche del febbraio 2013, riflettendo una “certa” nonchalance, diceva che poteva vincere chiunque, “tanto l’Italia ha il pilota automatico”. E anche il supertecnico, probabilmente mandato dalla Troika per fare il curatore fallimentare, o giù di lì, riusciva tranquillamente a sostenere che “i governi – quelli imposti dalla tecnocrazia imperante, s’intende – devono educare i parlamenti” (eppure, qualche politico, magari non in odore di prebende ed aiutini, avrebbe dovuto spiegare al bocconiano che l’Italia sarebbe ancora una democrazia parlamentare). Gli esempi sono molteplici e trascendono persino qualsiasi chiarezza espositiva. Ciò che maggiormente turba, ma è insieme il termometro dell’ormai accettata verità sulla preponderanza dei mercati, è che ormai lo si dice fingendo di non accorgersi nemmeno della gravità dell’affermazione. E anche il popolo, intorpidito dalla propria noluntas, sembra aver accolto quel dato di fatto senza grattacapi e senza obiezione alcuna.

shadow banking

Quel che non stupisce diventa così di palmare evidenza: siamo governati dai mercati, da un’anonima dittatura multiforme che non ha confini, che è ovunque e in nessun luogo, priva di qualsiasi rappresentatività e legittimità. Un mercato mostruoso, per dimensioni e capacità coercitiva, che non è più nemmeno il semplice e lineare mercato degli uomini che si normava – o avrebbe dovuto farlo – sulle elementari regole della domanda e dell’offerta. E infatti, secondo uno studio di qualche anno fa redatto dalla FSB (Financial Stability Board), lo shadow banking vale sui mercati finanziari circa 67 mila miliardi di dollari. Una cifra sproporzionata, equivalente a più del 111% del Pil mondiale e a circa un quarto del sistema finanziario globale. Una quantità di denaro che viene gestita da una finanza parallela senza volto, che può muoverla dunque liberamente, a proprio piacimento, per decretare le fortune di qualche accondiscendente “amico”, o le sfortune di chi non fa “i compiti” a casa, nemico inviso agli interessi economici di “lor signori”. 

Il vecchio Ezra Pound avrà anche avuto qualche simpatia fascistoide, ma ci aveva visto giusto, quando definì la democrazia come il “dominio dei prestatori di denaro”. Chi muove i soldi, oggi, sembra muovere anche i fili della politica, dei governi, delle democrazie e dei nostri diritti in saldo.

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