Mentre l’insegnante allineato, “good”,
quello già fisiologicamente ammannito alla “buona scuola”, s’indigna sui
social perché si sente fregato quando spende su Amazon il bonus da 500 Euro
gentilmente erogato dal Governo (il denaro, pure a scuola, è diventato una cosa seria, a cui gli alunni devono
essere educati da professionisti certificati: “non si può sapere il prezzo dei
prodotti in anticipo e devo pure integrare la prebenda con soldi mmmiei”),
l’insegnante “cattivo”, che se ne sbatte del portafoglio inturgidito e della "renovatio squolastica", bada
invece a questioni meno pratiche.
Ad esempio, s’interroga sul perché,
utilizzando il softwarone predisposto dal Miur, non si possano fare acquisti su
piattaforme online diverse dall'inebriante Amazon (almeno in fase iniziale).
Ecco, senza retrocedere a fregnacce le
giustificate lamentele in favore del made
in Italy, pare che il governo abbia favorito i grandi brand, o forse solo
le più “pronte” e “preparate” corporations
(“vado ad imparare da quelli bravi della Silicon Valley”, firmato: Renzi in fregola
liberista), solo per soddisfare le esigenti richieste degli acquirenti (e infatti,
gli specialisti ideologici dei mercati, inarcando compiaciuti il labbro
superiore, giustificano la scelta con le stesse motivazioni del complesso
d’inferiorità: loro sono più grossi, pertanto, la loro esperienza e competenza
offre maggiori garanzie, e a minor prezzo!).
Peccato che, carte alla mano, l’Associazione
di Confcommercio, Aires, che riunisce le più importanti catene di vendita
italiane di tecnologia ed informatica ("er proffe se compra er tablet!"), abbia denunciato la farraginosità del
meccanismo per l’accreditamento alla carta
dei docenti, step fondamentale
per poter partecipare poi al consumo della lauta mancia. I più maliziosi e i
novelli Tiresia del gufismo, hanno subito collegato il sedicente privilegio di
Amazon con la nomina di consulente per il “digitale e l’innovazione” del suo
vicepresidente, Diego Piacentini.
Ma ormai si sa, i “gomblottisti” vedono il
marcio ovunque, anche laddove un filantropo uomo di business regala due anni
della propria effervescente carriera all’Italia, per lavorare pro bono.
Chi invece non si accontenta di scoprire
i “gomblotti” o i paradossali privilegi
vassallatici in salsa libero mercato,
potrebbe magari interrogarsi anche su come ogni “buon governo” che si rispetti
consideri i cittadini ai giorni nostri: consumatori
a cui offrire soldi per obbligarli poi a spendere, supini tubi digerenti che non trattengono alcun "bisogno".
E’ il trepperdue istituzionale che
volatilizza il cittadino, lo Stato dei codici a barre che si comporta
come una compagnia telefonica qualunque, ove l’espansione della girandola
economica deve passare anche per il doping del consumo.
Perché ormai anche la politica e la scuola non si propongono più di formare cittadini consapevoli, bensì consumatori ubbidienti, vogliosi di tracannare merda se
opportunamente stimolati (ma ormai anche ai cittadini, retrocessi felicemente a
consumatori giulivi, non importa dei valori che non sono spendibili sul mercato
della vita, preferiscono avere merce con cui riempire il vuoto e la loro
incapacità nel trovare un senso che non sia quello, disumano, della materialità
quantificabile).
Anche l’insegnante “good” va quindi bene, specie se non si lamenta e può davvero fornire un contributo istruttivo alla società dei consumatori e-ducati... quello di fare un po’ di Pil
in più.
4 commenti:
Come insegnante della italica scuola non posso che concordare con te. Io il mio bonus non l'ho ancora speso. Siamo in molti ad aver fatto presente che è umiliante per noi nel merito e nella forma tutto questo affaire. Non vediamo il rinnovo del contratto da sette anni e ci tengono buoni e a cuccia con degli ossi di dubbio gusto. Ho detto tutto questo anche ad alti vertici sindacali e siamo in tanti a pensarlo ma non so cosa cambierà. Nell'ottica della scuola che pubblicizza supermercati in cambio di donazioni credo che ormai ci stia dentro molto di inqualificabile. Continuo a fare il mio lavoro che amo nonostante sia sempre più difficile accettare decisioni che umiliano la categoria... E il discorso sarebbe ancora lungo ma mi taccio. Grazie per la tua riflessione sul tema. Ciao!
@Monica Ambrosoli. Come sottolineavi, il fatto che si “sostituisca” il rinnovo del contratto, strumento adeguato alla regolarizzazione di posizioni retributive, con mancette narcotiche e squalificanti, lascia trasparire l’assoluta mancanza di “credito” (non solo quello che piace ai Poletti e alle “confindustriose” Giannini) verso la Scuola italica. Ti confesso che, sulla deriva simil-profittualista, ne ho sentite di ogni colore: corsi di imprenditoria (ti insegnano a fare i soldi), corsi di formazione fatti da ventriloqui et similia che non hanno mai insegnato una sola ora nella loro vita, markettari ed imbonitori di ogni specie che, togliendo tempo all’educazione, vorrebbero propinarti i loro prodotti a premi (col proficuo beneplacito del Preside di turno: “ci conviene!... finanziamenti in fabula). La pubblicità a donazione, verso i supermercati, comunque, mi era nuova (e ti confesso che mi piacerebbe avere qualche info in più). Un grosso in bocca al lupo per la tua resistenza umana e professionale (già il voler insegnare, paradossalmente, è un atto rivoluzionario, ormai). Un caro saluto.
Grazie per la comprensione. Anch'io spesso mi sento in "missione" più che sul posto di lavoro. La questione supermercati te la accenno perché l'ho vissuta indirettamente e mi sono rifiutata di aderire... Funziona all'incirca così: la scuola invita i genitori a fare la spesa in un certo supermercato (mi pare Conad e forse Esselunga ma dovrei controllare). Chi fa la spesa conserva gli scontrini da portare a scuola oppure comunica il nominativo della scuola da "beneficiare" alla cassiera. In base al venduto verranno dati oggetti scolastici (colori, cartoncini ma anche computer e LIM...) a suddetta scuola che a volte ospita la pubblicità del negozio nel proprio atrio... L'autonomia scolastica prevede anche forme di finanziamento da privati a fronte di una costante diminuzione del FIS (ossia il fondo per il funzionamento dell'istituto) che arriva dal Ministero... Che coincidenza! Una cosa simile mi è stata proposta per rimpinguare la biblioteca scolastica di cui sono responsabile ma mi sono rifiutata di "invitare" le famiglie ad acquistare i libri solo da certe librerie per poi avere qualche titolo da catalogare per gli alunni. Non giustifico ma capisco anche chi lo fa perché comprare materiale scolastico o libri per una scuola è una sfida... Magari qualche collega sarà più preciso. A presto! Monica
Debbo confessarti che la "salute" del mondo della scuola, ascoltate le tue parole, è persino più grave di quanto sospettassi (le aspettative non erano, come potuto vedere, le migliori). Tra poco, immagino, faranno preparare i concorsi per Presidi a Mastrota et similia. Un caro saluto e di nuovo i migliori auguri per la tua umanitaria opera di resistenza.
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