Saranno forse
le rutilanti res gestae del
progresso imperante, sarà forse la coda lunga della stagnante crisi, o
magari invece è solo il gioco del fato che si fa beffe dei mortali… fatto senza
precedenti nel nostro geriatrico Paese, l’aspettativa di vita si abbassa.
Il rapporto “Osservasalute 2015” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore,
oltre a fotografare il solito esercito di over 65, segnala infatti un’imprevista
battuta d’arresto dopo anni di allungamento della speranza di vita media. Per
gli uomini è scesa da 80,3 a 80,1 anni, mentre è passata da 85 a 84,7 per le
più longeve donne (ovvio, ci sono sensibili differenze geografiche, ma
soprattutto, informa la “terzietà” dell’Università, pesano sui dati i regionali
sistemi sanitari, la mancanza di prevenzione e la scarsa adesione alla nuova
coscrizione obbligatoria: la campagna di vaccinazione collettiva).
E qui iniziano
però i primi cortocircuiti e le prime collisioni, almeno di logica spicciola, a
cui ovvia-mente non dà alcuna risposta lo scientista rapporto di “Osservasalute 2015”.
La prima fulminea
considerazione vale una pernacchia all’Inps.
Senza
scomodare i grevi tarantolii e le eteree liturgie dell’inesorabile “danza
macabra”, dovremmo infatti persino rallegrarci del calo. Deo gratias! Sì, perché proprio grazie all’adeguamento dell’età
pensionabile con l’aspettativa di vita, potremo addirittura sperare di andare in pensione
con qualche mese d’anticipo sulla tabella di marcia statuita per decreto.
La seconda sommaria
considerazione, invece, potrebbe spalancarsi ad un dibattito infinito: dato che
le case farmaceutiche non hanno ancora sponsorizzato un vaccino
contro l’inquinamento, magari val la pena ricordare che l’Italia,
ad esempio, vanta il record europeo di morti premature per avvelenamento
atmosferico (84.400 causate da micro polveri sottili, biossido di azoto,
ozono, ed altre schifezze simili). Tant’è che persino il vate canuto Veronesi, che di prevenzione “seria” se ne
dovrebbe intendere, suggerisce empiricamente di smettere di respirare nelle ore
più pericolose del giorno.
Ma non respiriamo solo merda, siamo
anche coprofagi (meglio ancora se il
prodotto è a km zero!).
Vino per ogni
palato: al metanolo, alla diossina, all’acido cloridrico o al fertilizzante. “Robba
bbuona”, solo made in Italy! Olio
extra vergine dipinto alla clorofilla; latte per l’infanzia contaminato da
agenti chimici e da fissanti per vernici; spaghetti al piombo; pollame
all’arsenico; uova andate a male, infestate di muffe e parassiti, pronte per
finire dentro merendine, panettoni e pandori, pasta, gelati e dolci dei “grandi
marchi” nostrani… la lista è costantemente in divenire…
Senza
dimenticare oltretutto che nel retrocesso Belpaese siamo anche tra i maggiori
utilizzatori di pesticidi (il doppio della Francia, avendo però la metà
di superficie coltivabile); senza contare il glifosato (che
l’integerrima Commissione Europea sta autorizzando per altri 15 anni); senza computare
che l’ultimo rapporto di Legambiente informa che il 42% dei campioni di
frutta e verdura analizzate risulta contaminato da una o più sostanze chimiche.
Amen.
Tuttavia i
veri problemi, secondo qualche fideista ricercatore, sono invece ascrivibili alla
liturgia degli ambulatori, alle mistiche vaccinazioni del pio scientista,
al fatto che, avendo probabilmente poco timore della morte, non preveniamo
abbastanza efficacemente la vita. Povero Euripide, che già subodorava le
cangianti vertigini dei figliastri di Ippocrate: “chi deve morire è già morto”.
Ma al di là
dei dati e delle stringenti cronache, più o meno stravaganti ed interessate,
l’analisi dell’Università del Sacro Cuore riporta tra le righe l’ultima trovata
di ciò che Checov, non senza ironia, chiamava “la sua sposa”: l’imperio della sedicente e totalizzante scienza
medica, il nuovo totem della téchne e
della folle diagnostica, prevede infatti che non esista più l’uomo sano. E’
stato velocemente rimpiazzato dall’uomo a rischio, perché, con buona
pace di Heidegger, ci si è accorti che è proprio il vivere che ci fa morire.
E allora è ormai necessario farsi almeno una decina di test clinici all’anno, rettoriche michelstaedteriane e gustose
colonscopie, controlli periodici, tastatine invasive, prevenire per prevenire
comunque l’inevitabile morte.
Eppure questa estrogenata
prevenzione, quando portata a livelli di esasperazione insopportabili,
nasconde solo l’ennesimo lenitivo al vuoto esistenziale dell’uomo: è
necessario prevenire tutti quegli atteggiamenti che possano rappresentare un
turbamento, una perdita dell’artefatta sicurezza che queste “cavie da
laboratorio” si sono faticosamente costruite attraverso la logica, la fede,
la metafisica e la scienza, ché ogni prevenzione rende sopportabile l’angoscia
di vivere.
Ma così
facendo si finisce inesorabilmente anche col togliere sapore all’esistere,
portando a vivere una vita avvolta da ogni genere di profilassi, sterilizzata
ed asettica, ove manca, a ben vedere, la vita stessa.
L’”uomo
profilattico”, con un nuovo contatore di Geiger per ogni fattore di
rischio, ibernato, sterilizzato, castrato, vecchio già da giovane. Non
si può più fumare, non si può più bere, niente zuccheri, niente grassi, niente
frutta e verdura di un certo tipo, a giorni alterni, per dirla con Huxley:
“la medicina ha fatto così tanti
progressi che ormai nessuno è più sano”.
Deambuliamo intubati nelle corsie di un lazzaretto
moderno, candegginato, ripulito, ove l’unico comportamento davvero virtuoso
sembra essere quello dettato dalla protervia moderna. La protervia dell’esprit de géométrie che
ha la miope pretesa di voler controllare
tutto.
Ma dovremmo
pur scegliere, una buona volta, se la quantità è un valore anche di fronte alla
qualità della vita. Vivere di più, ma
nel terrorismo medico delle camere sterili e delle campane di vetro, sembra
essere oggi il modo “giusto” per affrontare la morte… lasciateci i nostri vizi,
e con essi la prospettiva di una vita umana. Perché in fondo era più saggio il
volitivo grido di un Leopardi ormai arreso: “non ci si può salvare dal nulla”.
2 commenti:
Buongiorno Marco.
Io non fumo, e, a dirla tutta, m'infastidisce l'odore.
Ognuno si può uccidere come vuole, anche vivendo. :-)
Debbo dire che, in questa società di costrizione medica, chi può curarsi è chi non ne ha bisogno.
Da poco(ottobre è poco come tempo per la sanità) eravamo al cup e un signore ha portato l'impegnativa urgente per la moglie. "Le possiamo dare appuntamento per il 18 settembre."
Ha detto l'addetta alle prenotazioni.
"siamo già ad ottobre Signorina! In dietro non si torna!" risponde lui(lvho romanzata, che così mi piace di più. Ma la storia é vera)
"Del 2016!" risponde lei.
Lui ribatte prontamente"Ha visto che mia moglie ha il glaucoma? Rischia la vista! "
Per dire...
Conosco molti che hanno davvero bisogno di cure e che non possono aspettare...
Pensieri..
😊
Caro Oreste,
i problemi che sollevi sono ben più spinosi ed importanti delle essoteriche bagatelle che ho tentato, per quanto sommariamente, di articolare nel pezzo. Ad esempio, il fatto che si possa chiamare ancora sanità pubblica –per l’utile idiota che fa da parafulmine – una sanità in cui è necessario (almeno se vuoi tenerti la vita stretta) andare a pagamento per non rischiare di decomporre nelle chilometriche liste d’aspettativa. ,, Per la contingenza di ciò che ho scritto, ovvero il pingue tentativo di fornire una sorta di ontologia alla dittatura medica, trovo davvero interessante e ricca di potenziali spunti, un’affermazione che hai fatto: “chi può curarsi non ne ha bisogno”… la triste logica del dio quattrino che si avanza anche nell’era dei geriatri che han bisogno, di tanto in tanto, di farsi un nuovo tagliando
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