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lunedì 2 dicembre 2013

Il Popolo della libertà… di uno solo


Non ne sentiremo probabilmente la mancanza. Il Pdl (Popolo della libertà) chiude i battenti per beghe intestine, più o meno fratricide, tra falchi e colombe. L’ornitologia applicata agli uomini per nobilitarli!  
A dire il vero, forse anche solo per un sussulto cutaneo di ottimismo, si sperava in un happy ending che fosse suggerito più dallo spirito d’ironia che dagli interessi di potere: Berlusconi si commenta da solo, eppure in questi vent’anni si sono succeduti, ad un ritmo via via più incalzante, tentativi sempre più “originali” d’illustrare ciò su cui non ci sarebbe invece assolutamente nulla da interpretare.

Per Pascal infatti: “democrazia: non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto”.
Lasciando lo scettro dell’antipolitica avanzante a coloro che magari, fino all’altro ieri, osannavano invece i partiti nella speranza di un potenziale beneficio (l’astensione sarebbe sì un’assenza di potere politico, ma nell’incapacità di sistemare gli amici degli amici), proveremo qui ad allargare un po’ il campo di gioco, convinti che sia più facile raccontare il popolo “liberato” piuttosto che il suo “liberatore”.

Il Popolo delle libertà, qualche merito bisognerà pur riconoscerglielo, non è un partito. Un partito infatti, essendo una parte che si arroga il diritto di legiferare per la totalità del popolo è già, a ben vedere, una tangibile rappresentazione antidemocratica… così si ritorna, coerentemente alla propria mission "aziendale", a Forza Italia.
Berlusconi è un buon partito

Una fazione politica quindi, come ogni pezzo che si propone l'obiettivo d’essere un “tutto”, è in definitiva esclusivamente abnegazione. Una rinuncia di sé, i più bravi direbbero per spirito di servizio o per generosità, in virtù di un ideale superiore, in favore di un’umanità che trascenda la singolarità. In definitiva, l’impegno di un disimpegno che vuol prendere “parte” alla gestione della polis per non scoprirsi infine incapace di gestire anzitutto sé stesso. L’uomo politico di ogni risma sembra quindi preferire credere, per conservarsi in quell’unico ruolo che ha saputo ritagliarsi, che sia più semplice cambiare il mondo piuttosto che intervenire direttamente su sé stessi. Laddove quell'omnibus mondano è ovviamente quello democratico, ove per ottenere il potere bisogna fare i conti col popolo sovrano, per dirla con Mirabeau: “il popoloè la sorgente di ogni potere”. 

In tal caso il compianto Pdl, più di tutti, è riuscito suo malgrado a smascherare, per ridicolo, il diffuso pregiudizio posto alla base di ogni collettività. E’ riuscito insomma a far passare l’idea, quasi fosse una normale abitudine, che il potere, traslando ancora il motto di Mirabeau, non risieda nel popolo, bensì nella capacità del capo tribù d’intercettarne gli umori e i bisogni, le aspettative e le illusioni.
Ogni oligarchia di potere pare dunque essere, in estrema sintesi, la stessa quintessenza della democrazia: pagare qualcuno perché ci comandi nel nome di noi stessi, del popolo o del bene comune, come sentenziò Necker pochi anni dopo la Rivoluzione francese: “dovrebbe lasciare stupiti gli uomini capaci di riflessione”.

Da questa "popolare" prospettiva "libertà" significa semplicemente che si vuol credere ad un deus ex machina onnipotente e provvidenziale che sollevi quel popolo dalle proprie responsabilità (il cittadino, come le cronache ci raccontano, sembra non riuscire a far altro che chiedere risposte preconfezionate allo Stato, a nessuno di loro passa nemmeno per la testa di cominciare, faticosamente, a darsele da sé quelle benedette sentenze). Come sospettava infatti Bernard Shaw: “la libertà significa responsabilità: ecco perché molti la temono”. 

Sostenere colui che può di rimando sostentare il proprio tornaconto singolare, sceglierlo democraticamente in ragione di una presupposta virtù nobilitante, quella della res publica - non è questo, in fondo, l’autentico camuffamento di un egoismo straccione che non sa cosa farsene del proprio ego "libero", non riuscendo a sbrigarsela con sé stesso? –.
Berlusconi, in tal senso, è assolutamente un “buon partito”!


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