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lunedì 23 maggio 2016

Pavlov, il pedagogista

Anche quest’anno è tempo di quiz. Da noi si fanno nel periodo scolastico e non, come sarebbe invece logico supporre, sotto all’ombrellone agostano. Le prove Invalsi (predisposte dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) sono cominciate il 12 maggio, coinvolgendo gli studenti del biennio delle superiori. Il format del quiz show prevede tre diverse parti: la prova di italiano (comprensione del testo), quella di matematica (una trentina di domande di algebra, geometria, logica… spesso ambigue, ma d’altronde i matematici sono fisiologicamente incapaci sul piano logico, per non parlare poi dell’esposizione sgrammaticata dei quesiti) e il finale questionario dello studente.

Svezzati dalle parole crociate e cullati dal sudoku, i bravi e ordinati anglofoni, assieme ai loro parenti minori del nord Europa, hanno trovato che la discriminante più significativa, per valutare la bontà dell’insegnamento, fosse, coerentemente col proprio credo che vuol piegare ogni cosa alla misurazione quantificabile, il quiz. Noi italiani, ovviamente, tanto per darci un tono e non perdere quel pericoloso vizio all’esterofilia globalizzante, abbiamo sbrigativa-mente abboccato alle ricette degli “uomini codice a barre” normanni.
E così, togliendo tempo ed aria all’esercizio autonomo della critica e del pensiero, a scuola si organizzano quizzate di continuo per diventare specialisti dell’Invalsi.
Qualche miope sostenitore "invalsato" obietta ostentando un’insostenibile coda di paglia: “ma non si vuole capire che il fine dei test standardizzati è quello di rilevare il livello generale dell’apparato scolastico del Belpaese”. Come dire: lo studente al centro della scuola! 
E infatti, coerentemente alla nuova etica doverista, l’alunno viene retrocesso a crocetta, a numero, quantità già pronta e omologata per entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro. Adulto! - La “buona scuola”, d’altronde, deve anzitutto preparare al lavoro! – come sostiene, piuttosto apertamente, lo stesso Ministro Poletti.
Siamo alla contorsione di ogni ideale afferente la maieutica. I giovani vanno addestrati, allenati a reiterare azioni meccaniche, sempre uguali, ché la capacità di ragionamento non serve di fronte al quiz: più ne fai e più migliori, perché facendone tanti ne comprendi il funzionamento. A proposito di questo, ci siam fatti tanti problemi sul fronte della didattica e della pedagogia, ed invece avevamo già la madre di tutte le soluzioni a portata di mano: i test di scuola guida (imparare formule a memoria, compulsivamente: il fine, come per l'Invalsi, è sempre quello di passare il test e non di comprendere. Se infatti si ripetesse a qualche anno di distanza il test di scuola guida, servirebbe il pallottoliere per contare la quantità di “segati” non idonei alla guida, che tuttavia guidano!).  

scuola codice a barre

E’ la nuova scuola 2.0, ove l’essenzialità non dimora più nell’apprendimento e nella rielaborazione (competenze e abilità), bensì nell’ossessivo addestramento dell’inerme studente che dovrà, come il riflesso pavloviano, rispondere di rimando ad una sollecitazione, quella dei “giochi a premi” che ne mortificano l’intelligenza. Ce ne sarebbe già abbastanza per far rivoltare nella tomba Rousseau, ma le sorprese applicate alla scuola moderna non finiscono qui. I test Invalsi servono anche per valutare la qualità dell’istituto scolastico: gl’investimenti pubblici e privati verranno quindi destinati alle scuole di qualità i cui studenti brillano nei quiz, perché finalmente anche le scuole, progresso dei progressi, sono trasmutate in prodotto di mercato, suscettibili quindi alle stesse inopinabili leggi disumanizzanti l'autonomia individuale. Ergo, le scuole hanno tutto l’interesse a far sì che quei test vadano bene.
A dirla tutta, i test Invalsi non fanno altro che applicare quella logica moderna, che da Galileo in poi ha sempre avvertito il bisogno di quantificare ciò che non si lasciava imprigionare in uno schema razionale, per paura di dover guardare in faccia quell’irriducibile soggettività che di continuo sfugge ai loro esperimenti e alle loro convenzioni. L’autoreferenzialità logica che da sempre pervade coloro che hanno voluto trovare la quadratura del cerchio: porre un principio arbitrario per far tornare infine i conti… peccato che, in tal caso, i conti si facciano sulla pelle di esseri umani non ancora, a rigor di legge, opportunamente svezzati.(la verifica che non verifica ma che definisce, ciò che autoreferenzialmente vogliamo definire. Nel caso specifico ottenere i fondi dal Ministero, e quindi anche i complimenti dall’Ocse).

Imprigionare il soggetto in un sistema statico al fine di poterlo prevedere e controllare in modo tale da renderlo innocuo e addomesticabile, sono queste in fondo le uniche giustificazione che spingono il modello Invalsi verso una scuola sempre migliore?
Una scuola votata all’allevamento di soldatini addestrati ad obbedire acriticamente a degli ordini, polli da batteria predisposti all’uso, lacchè incapaci di preferenze, strumenti funzionali, ma solo al meccanismo produttivo e consumistico. E meno male che nell’Emilio o dell’educazione, Rousseau affermava invece che il principio fondante ogni autentica educazione era l’umanità: “uomini, siate umani, è il vostro primo dovere”.
Ma oggi che abbiamo fatto notevoli passi avanti rispetto al pur luccicante Illuminismo, una scuola che funzioni e che si rispetti deve essere disposta a tutto pur di farsi una bella reputazione. Deve rendersi appetibile al mercato, agli occhi delle clientele, delle “confindustrie”, dei vetrinisti e dei markettari della competizione, per ottenere così una qualche sovvenzione al merito, con ricchi premi a chi ha dimostrato di essere più bravo a mortificare l’autonomia dello studente... i Presidi che vogliono farsi un bel nome, palancai ma filantropi al contempo, proni ai desiderata di servizio, meglio se di natura economica.
La scuola di oggi, insomma, fa di tutto pur di non essere una scuola.

5 commenti:

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Buongiorno Marco.
Devo rispondere anche ad altri post, ma google+ mi confonde e me li nasconde. Intanto che cerco quelli, mi ritrovo nuove cose da leggere.
Qualcosa mi inquieta.
Non sono sicuro se sia la strana ritmica del ragionamento, che percorre passo passo un discorso che feci ad alcuni genitori sull'invalsi, oppure la quasi palese idiozia di dette prove. La prima cosa che abbiamo imparato in psicologia è che i test non servono ad un emerito nulla senza un riscontro immediato...

Unknown ha detto...

Buongiorno Marco.
Devo rispondere anche ad altri post, ma google+ mi confonde e me li nasconde. Intanto che cerco quelli, mi ritrovo nuove cose da leggere.
Qualcosa mi inquieta.
Non sono sicuro se sia la strana ritmica del ragionamento, che percorre passo passo un discorso che feci ad alcuni genitori sull'invalsi, oppure la quasi palese idiozia di dette prove. La prima cosa che abbiamo imparato in psicologia è che i test non servono ad un emerito nulla senza un riscontro immediato...

Unknown ha detto...

Buongiorno Marco.
Devo rispondere anche ad altri post, ma google+ mi confonde e me li nasconde. Intanto che cerco quelli, mi ritrovo nuove cose da leggere.
Non sono sicuro se sia la strana ritmica del ragionamento, che percorre passo passo un discorso che feci ad alcuni genitori sull'invalsi, oppure la quasi palese idiozia di dette prove. La prima cosa che abbiamo imparato in psicologia è che i test non servono ad un emerito nulla senza un riscontro immediato...

lostilelibero ha detto...

non preoccuparti Oreste, anche io sono preso da mille impegni. d'accordo sulla tua ultima cogitazione: ma gli psicopatici che dovrebbero andare a braccetto con la psicologia non ne capiscono una acca di uomini ed esistenza. Ne approfitto per farmi un po' di pubblicità: siccome presumo di scrivere meno nel prossimo avvenire, se ti va e ne hai il piacere mi trovi su L'intellettuale dissidente

http://www.lintellettualedissidente.it/societa/i-cittadini-addormentati-nel-dormitorio-globale/

Cordialmente