La Corte dei diritti umani europea, con
un poco rassicurante ritardo, ha stabilito che il blitz delle “forze
dell’ordine” alla scuola Diaz nel 2001 “deve essere qualificato come tortura”.
L’Europa, seppur quella dei tecnocrati al di sopra di ogni vincolo popolare,
condanna quindi l'Italia, ma non lo fa esclusivamente per quell’episodio
specifico.
La Corte di Strasburgo, infatti, unitamente alla condanna per la macelleria messicana in salsa genovese, ci ricorda pure che non abbiamo una legislazione adeguata sul reato di tortura: i colpevoli, nella fattispecie, non sono stati puniti proprio in virtù di un'altrettanto "colpevole" mancanza legislativa (ma si sa, i nostri legislatori, tra teatrini, sedicenti leggi elettorali ed intrallazzi a larghe intese, non hanno tempo per queste quisquilie di civiltà). Recita a tal proposito la requisitoria della Corte di Strasburgo: “la polizia italiana ha potuto impunemente rifiutare alle autorità competenti la necessaria collaborazione per identificare gli agenti che potevano essere implicati negli atti di tortura”.
In tal senso, la tortura, vale forse la pena ricordarlo, venne introdotta quale pratica “istituzionalmente” accettata e prevista da Papa Innocenzo IV (bolla Ad extirpando del 1252), con l’intento dichiarato di usarla come strumento per giungere alla “verità” durante i processi dell’Inquisizione (all’epoca aveva più valore una confessione da torturato che una confessione spontanea). Sarà forse anche merito di qualche oscurantista reminiscenza in salsa pontificia, ma l’Italia contemporanea, quella che, secondo alcuni, avrebbe espresso la “Costituzione più bella del mondo”, ove si legifera bizantinamente su ogni cosa, non ha mai sentito l’urgenza di vietare espressamente quella poco edificante pratica (anzi, per premiarlo, il Pd ha persino riconosciuto la presidenza di Finmeccanica a De Gennaro, che fu a Capo della polizia proprio durante quel G8). Ad onore del vero siamo pur sempre il Paese di Cesare Beccaria, eppure il primo ad abolire la tortura fu invece un monarca d’ancien régime, il re di Prussia Federico II, nel 1740.
Dal punto di vista "statalista" non c'è democrazia e sistema democratico che tenga: dacché ogni Stato vuole primariamente conservarsi
in quanto status quo, la tortura è
semplicemente uno strumento dissuasivo, rivolto a tutti coloro che si oppongono
alla "sua" acquisita sovranità. Ogni stato, democratico o meno, è quindi ancora uno Stato assoluto!
Quel Leviatano nasce per superare il bellum omnium contra omnes che il
giusnaturalista Hobbes identificava con lo “stato di natura” originario: l’uomo
pre-civilizzato rinuncia ad una parte di sé stesso, tra cui l’utilizzo della
violenza, per delegarla ad una sorta d’informe ammasso d’individualità, affinché
esso mantenga la pace e la sicurezza. La prerogativa sull’esercizio della
violenza e della coercizione, da lì in avanti, saranno quindi appannaggio
esclusivo dello Stato. Per dirla con
Stirner: “nelle mani dello Stato la forza si chiama diritto, nelle mani
dell'individuo si chiama delitto”. Anche Mussolini, nelle sue “storture”,
sapeva bene di che cosa parlava: “lo Stato
che cos'è? È il carabiniere”.
Considerato quindi il monstrum statale senza scrupoli con cui
ci troviamo a fare i conti, ho la crescente sensazione che persino il “reato di
tortura” - almeno negli stati “civili” in cui è già stato introdotto – non sia
stato introdotto per tutelare i cittadini dall'assolutismo Statale, ma perché quello stesso
Stato aveva semplicemente trovato altri “mezzi” persuasivi per controllare le
masse e gl’individui. Meno cruenti e brutali, certamente, ma più subdoli,
velati, nascosti sotto l’apparente libertà che sporcando ogni cosa rende
qualsiasi differenza un grigio uniforme, uguale, mediocre, facilmente sorvegliabile.
E così l’abolizione della tortura non
fa sostanzialmente cambiare i connotati di quello Stato: assoluto, uni-versale, esso deve sempre essere il senso ultimo di sé stesso, anche a scapito dei minorenni cittadini.
Ma se lo Stato, sostanzialmente, non è cambiato nelle sue finalità e nei suoi comportamenti, sono cambiati invece proprio i “cittadini” che lo formano. Se ieri gl’individui venivano controllati e usati a proprio vantaggio grazie anche alla minaccia della tortura e della violenza, oggi, nella civile democrazia globale delle libertà e dei diritti, basta semplicemente qualche réclame ben confezionata, o la promessa di un potenziale premio in gettoni d’oro...
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